6. L’Irlanda, le unioni gay e il referendum

L’Irlanda colpisce ancora. Appena un paio di settimane fa avevo elogiato l’apertura mentale dei cattolici irlandesi ed ecco, immediate, ulteriori conferme: l’Irlanda, Paese a maggioranza cattolica, ha nei giorni scorsi approvato le unioni omosessuali tramite referendum.

Una lezione di civiltà per tutti quei Paesi dove si pensa che ignorare la questione equivalga a risolverla; un potente atto di responsabilità da parte di un popolo che, su certe questioni, non delega a nessuno (le modifiche costituzionali in Irlanda avvengono tutte tramite referendum); ma soprattutto la dimostrazione che si può benissimo essere cattolici e al tempo stesso moderni, obiettivi e rispettosi dei diritti altrui. Perché la questione delle unioni omosessuali è anzitutto questione di umanità e buonsenso: un gay cattolico potrà sempre scegliere di non ricorrere all’unione civile per coerenza, ma è giusto che chi cattolico non è possa avere la considerazione che merita di fronte alla legge. Non si tratta, infatti, di un attentato al sacro vincolo del matrimonio e alla famiglia – la famiglia naturale, nata dall’unione tra uomo e donna, continuerà serenamente a esistere – ma dell’estensione di una serie di diritti, a mio avviso irrinunciabili.

Pensate al gay che, nel caso di incidente o grave malattia del partner, si vede negare il diritto di fargli visita. O a quanti, dopo aver passato insieme una vita col proprio partner, al momento della scomparsa dell’amato, devono combattere per una successione che segue altre logiche. Sono tutti problemi reali che le coppie omosessuali di lunga data si trovano oggi ad affrontare – in Italia, ma non solo – a causa di una voragine legislativa. E di fronte alle ingiustizie il cittadino, poco importa se cattolico o meno, non dovrebbe aver dubbi di sorta.

L’Irlanda ha quindi dimostrato di essere capace di andare oltre le divisioni ideologiche.
Saremo mai testimoni, in Italia, di una simile onestà intellettuale?

Church of Our Lady and St. Joseph, Prosperous
Church of Our Lady and St. Joseph, Prosperous

5. L’ascension di Olivier Messiaen

Per celebrare la festa dell’Ascensione, da buon amante della musica classica, ho pensato bene di condividere con voi questa piece per orchestra composta da Olivier Messiaen nei primi anni Trenta del Novecento.

Messiaen ha descritto L’ascension “quattro meditazioni per orchestra”, e in effetti questa sua composizione è interamente pervasa da una profonda atmosfera mistica. Queste le quattro sezioni:

  1. Majesté du Christ demandant sa gloire à son Père
  2. Alleluias sereins d’une âme qui désire le ciel
  3. Alleluia sur la trompette, alleluia sur la cymbale
  4. Prière du Christ montant vers son Père

Buon ascolto!

4. Di nuovo a casa, nonostante le divergenze

Un fedele non rimane per molti, lunghi anni lontano dalla propria Chiesa per poi farvi ritorno senza portarsi dietro almeno alcune perplessità. E infatti ci sono diversi aspetti della religione cattolica su cui, pur da credente, continuo a non ritrovarmi.

QUESTIONI ETICHE E LAICITA’ DELLO STATO
Per esempio ho sempre sposato posizioni liberali e repubblicane, cosa che fa di me di uno strenuo difensore della laicità dello Stato, quel principio, per me sacro, che garantisce la libertà di scelta, soprattutto sulle questioni etiche. Se è vero che i valori cristiani sono in linea di massima valide linee-guida, è anche vero che lo Stato ha l’obbligo di garantire la libertà di scelta a tutti i suoi cittadini, anche quelli che cristiani non sono o che si sentono in disaccordo su determinate questioni. Aborto, divorzio, contraccettivi, riproduzione assistita, staminali, eutanasia: sono tutti argomenti su cui è giusto che la Chiesa si esprima per guidare la propria comunità di credenti, ma non si può pretendere che i dettami della Chiesa diventino posizioni ufficiali dello Stato. Che ognuno compia le proprie scelte secondo coscienza, ma lo Stato deve tutelare tutti, non solo una parte della popolazione – poco importa se maggioritaria. Per dire, se un cattolico è contrario alla riproduzione assistita, potrà sempre scegliere di non ricorrere a certi rimedi in caso di bisogno ma è giusto che lo Stato offra una possibilità al cittadino che, non ritrovandosi nelle posizioni della Chiesa, decida di far diversamente. Mi sembra un principio dettato da buon senso e continuerò a difenderlo strenuamente.

OMOSESSUALITA’
Altra cosa che mi avvilisce non poco è l’atteggiamento, ancora di estrema chiusura, verso gli omosessuali. Chiaramente non mi aspetto che la Chiesa, dopo secoli di tradizione, metta da parte quanto è scritto nelle Sacre Scritture cominciando a promuovere l’omosessualità. La Bibbia sull’argomento è piuttosto chiara. Ma per quanto uno possa essere in completo disaccordo con le scelte sessuali altrui, l’omosessuale va comunque accettato e accolto, non messo alla barra degli imputati e giudicato. D’altra parte il giudizio non spetta certo a noi, miseri mortali… E anche qui, l’esperienza irlandese viene in mio aiuto: Dublino, capitale di un Paese forse anche più cattolico dell’Italia, è una città gay friendly. Mi piacerebbe che un giorno lo stesso grado di apertura mentale diventasse prassi anche in altri Paesi a maggioranza cattolica.

INDIVIDUALISMO
Pur comprendendo le ragioni di certe prediche, mi lascia anche perplesso la condanna totale dell’individualismo. Per carità, io sono il primo a rilevare che è importante il mantenimento, nel tessuto sociale, di un certo spirito di comunità, ma l’individualismo a mio avviso non è da condannare totalmente. Non è solo espressione di egoismo e tracotanza. Per dire, la maggior parte delle grandi conquiste dell’uomo sono frutto dello sforzo e dell’intelligenza di singoli e l’intelligenza è e resta caratteristica dell’individuo, non c’è nulla di male nel riconoscerlo – persino Sant’Agostino era il primo a lodare il Signore per avergli fatto questo dono – mentre la storia insegna che tutti i tentativi di annichilire e annullare l’individuo hanno portato a fenomeni di massa pericolosi e totalitari.

RICCHEZZA VS POVERTA’
Allo stesso modo sono freddo anche di fronte alle condanne tout court della ricchezza e all’esaltazione della povertà. Di nuovo, comprendo le ragioni di certe prediche – quando il parroco sostiene che “il denaro ci divide” posso anche condividere – ma non sono del tutto sicuro che la povertà sia da osannare. E’ vero che negli ambienti poveri quello spirito di comunità cui facevo riferimento prima sembra più forte, ma dove c’è povertà purtroppo accadono anche le peggiori miserie. Per dire, io al momento vivo in un Paese dell’ex blocco sovietico, dove la povertà è un problema reale, quotidiano, e posso assicurare che c’è gente che, pur di guadagnare cento Euro in più, venderebbe propria madre. Questa è l’altra faccia della miseria. E allora forse sarebbe il caso di smetterla di dire che “il denaro ci divide, la povertà ci avvicina” e augurarsi invece più benessere (che NON è necessariamente sinonimo di lusso e materialismo) per tutti e meno disuguaglianze. Tra l’altro sarebbe anche un messaggio più credibile, dal momento che la Chiesa non vive esattamente nella frugalità e che purtroppo, non essendo immune da corruzione e malcostume, in più di un’occasione si è ritrovata nel mezzo di scandali finanziari e operazioni discutibili…

Insomma, la mia fede nella parola di Dio è indiscutibile, ma la Chiesa – che è fatta di uomini, la cui natura è purtroppo fallace – dovrebbe a mio avviso rivedere certe sue posizioni. Io sono tornato a casa nonostante il permanere di alcune divergenze d’opinione ma sono fermamente convinto del fatto che se la Chiesa addolcisse certe sue posizioni, tantissimi credenti che si sono allontanati da Dio perché in disaccordo con la Chiesa su determinate questioni si riavvicinerebbero subito alla fede.

Piazza San Pietro
Piazza San Pietro

3. Questione di appartenenza

Come già sottolineato nel post precedente a proposito del mio viaggio in Irlanda, a contribuire al mio “ritorno a casa” non sono state soltanto le tensioni interiori. Sicuramente l’aspetto spirituale ha avuto un ruolo predominante, ma c’è anche un aspetto per così dire “culturale” di cui ho preso coscienza durante gli anni spesi all’estero. Quando si vive all’estero si è di fatto costretti a confrontarsi con culture, mentalità e in alcuni casi anche fedi diverse. Personalmente credo nel supremo valore del confronto, da cui a mio avviso si esce sempre arricchiti, però il confronto spesso contribuisce anche a rinsaldare le proprie posizioni.

Faccio un esempio che nulla ha a che vedere con la religione ma che a mio avviso rende bene l’idea. Immaginate un uomo molto critico verso il proprio Paese, per nulla animato da amor patrio. Un giorno quest’uomo, obbligato dalle circostanze o magari proprio perché stanco del proprio Paese, si trasferisce all’estero, dove però è quotidianamente deriso per la propria nazionalità. Immaginate l’italiano all’estero che si sente dire di continuo “mafia” e “Berlusconi”. Volete che alla lunga l’uomo in questione non abbia uno scatto d’orgoglio? Potete essere certi che, a un certo punto, quest’uomo si sentirà in dovere di spendere due parole in difesa del proprio Paese, anche solo per poter dire “non siamo solo quello” e magari finirà pure col rallegrarsi quando avrà la possibilità di stare in compagnia di altri connazionali – gli stessi che in precedenza, con ogni probabilità, avrebbe snobbato.
Ecco, per certi versi anche attraverso la fede si può sviluppare un simile senso di appartenenza culturale, o almeno questa è stata la mia esperienza confrontandomi con realtà diversa dalla mia.

Per un anno e mezzo, per esempio, ho vissuto in Germania, quella stessa Germania, dove soltanto il 30% della popolazione si dichiara cattolica. E io ho vissuto in un’area popolata per lo più da protestanti e atei (i cattolici in Germania sono concentrati nelle regioni del sud). Quello che ho visto, personalmente, non mi è piaciuto molto: la Germania è sicuramente un Paese ricco ma con enormi problemi sociali e disuguaglianze molto forti. E qual era l’atteggiamento diffuso verso le classi più deboli e i reietti della società (senzatetto, drogati, alcolisti, ecc.)? “Pago le tasse, con i miei soldi gli danno il sussidio e per me finisce lì: possono anche morire sotto i ponti”. L’Italia avrà anche mille problemi, a partire da un welfare inesistente, ma un simile atteggiamento non l’ha nemmeno il più meschino dei cittadini. Tra gli sforzi della Caritas e le mille iniziative dell’associazionismo cattolico e laico in Italia si fa tutto il possibile per non lasciare indietro nessuno e colmare così le lacune dello Stato. Bene, quel senso di comunità che continuiamo a tenerci stretto si deve anche alla Chiesa e a un certo imprinting culturale che, piaccia o no, è comunque di stampo cattolico.

Lo stesso discorso si può applicare a mille altre questioni. Se il Regno Unito detiene il primato in Europa per numero di gravidanze sotto i 16 anni e in Italia il problema è limitato, è chiaro che in parte incide anche un certo background culturale. Se il consumo di alcol e droghe tra i giovani, per quanto rilevante, non è comunque paragonabile a quello di Paesi come Inghilterra e Germania, anche lì, un motivo ci sarà. Dopo diversi anni di vita all’estero sono arrivato alla conclusione che certe differenze siano anche legate a un differente tessuto sociale: la mite, cattolica, provincia italiana forse non è poi così male come la dipingono in molti. Avrà i suoi difetti, contraddizioni e imperfezioni, ma ha anche i suoi anticorpi.

E quando ti trovi immerso in realtà completamente diverse, certe cose finisci col rivalutarle. Cominci a sentire la mancanza non solo di quei luoghi, ma anche della mentalità di gente che, essendo cresciuta all’interno dello stesso orizzonte culturale, può comprendere certe cose meglio di chiunque altro. Ecco perché per me andare in chiesa ogni settimana non fa bene soltanto all’anima, ma anche alla mente: è anche un modo per ritrovarsi con gente che viene da un vissuto analogo o comunque prossimo al mio.

Santuario Madonna della Corona
Santuario Madonna della Corona

2. Sulla strada di casa

Il riavvicinamento alla fede non è stato immediato. E’ stato il risultato di un bisogno che negli anni si è fatto sempre più forte. Già verso la fine degli studi universitari, per esempio, ero animato da una vigorosa spiritualità, ma preferivo non dare nessun nome alla cosa, non etichettarla in alcun modo. Riconoscevo l’esistenza di un ordine superiore e tanto mi bastava. In quel periodo stavo anche scrivendo un romanzo allegorico sul tema della fede e mi commuovevo ascoltando le sinfonie di Bruckner, che, tra le altre cose, era anche un fervente cattolico e lo trasmetteva grandiosamente con la sua musica. Nelle sinfonie di Bruckner ci sono il dolore, il sacrificio, la passione ma anche la speranza e il riscatto dalle tribolazioni della vita terrena. Pochi sono riusciti a comunicare qualcosa di simile in musica e io non potevo fare a meno di sentire certe affinità, ma all’epoca mi limitavo soltanto ad apprezzare certe suggestioni, non avrei mai parlato di “ritorno a casa”.

Un paio di anni dopo, però, ho cominciato a sentire l’inspiegabile desiderio di tornare in chiesa per ascoltare la parola di Dio. Una novità per me sorprendente: non ricordo nemmeno quando era stata l’ultima volta che ero andato a messa di mia spontanea volontà. All’epoca, però, quando quel pensiero cominciò a farsi strada nella mia testa, mi trovavo già all’estero e la cosa mi colse impreparato. Se da un lato sentivo questo forte bisogno, dall’altro ero come bloccato. Non era tanto la barriera linguistica a spaventarmi, ma un certo senso d’inadeguatezza. Dopo anni senza mettere piede in chiesa, con che faccia ti presenti, di punto in bianco, al cospetto di Dio? Per non parlare poi della “pressione sociale”: già immaginavo le espressioni di curiosità stampate sui volti della piccola comunità di credenti di fronte al forestiero, timido e incerto. Può sembrare stupido, lo so, ma tanto bastò a mandarmi in crisi, così continuai a temporeggiare.

Col passare del tempo però cominciavo a sentire sulle mie spalle il peso di una vita dissoluta, interamente votata al peccato. Ad aprirmi gli occhi, una ragazza. Una ragazza che avrei dovuto amare e rispettare e che invece ho ferito in maniera del tutto gratuita, tradendola. Quando sono tornato da lei come un cane bastonato, con la coda tra le gambe, sperando di ottenere perdono e un po’ di supporto, lei ha detto qualcosa d’importante, su cui non mi ero mai fermato a riflettere: “La causa di tutti i tuoi problemi sei tu”. E aveva ragione. Se mi fossi sforzato di vivere una vita piena e dignitosa, ispirata da valori sani, anziché cibarmi di cattiveria e nichilismo, molte cose negative non mi sarebbero mai accadute. Era la mia condotta a trascinarmi sempre più giù, una condotta che, giorno dopo giorno, mi logorava e diventava sempre più insostenibile. Per quanto ancora avrei retto una vita del genere?

Poi fu la volta del viaggio in Irlanda. Ero lì in veste di semplice turista ma non ho potuto fare a meno di appassionarmi ai luoghi, alla storia, alla gente che abitava quella terra. E ogni cosa rimandava a quello stesso orizzonte culturale e spirituale all’interno del quale ero cresciuto e a cui sentivo ancora di appartenere. Con il viaggio in Irlanda sono di fatto capitolate le mie ultime resistenze. Il miscredente era finalmente pronto a una grande ammissione. E se qualcuno avesse investigato il mio orientamento religioso, avrei finalmente potuto rispondere senza alcuna esitazione.

Non potevo però considerare il viaggio in Irlanda la tappa definitiva di questo mio percorso. Timoroso, continuavo infatti a tenermi a debita distanza da ogni chiesa. Al ritorno dal viaggio in Irlanda, però, qualcosa era cambiato: avevo tutta l’intenzione di vincere quelle mie paure e così, dopo alcune ricerche su Internet, ho finalmente trovato una chiesa di confessione cattolica, dove la messa era celebrata in inglese e, con uno sforzo non indifferente, mi sono fatto avanti. Un certo smarrimento iniziale c’è stato, non posso negarlo (ho dovuto imparare le varie preghiere ed espressioni in inglese), ma ne è valsa la pena e ora posso finalmente apprezzare il calore di casa. Di nuovo.

santuario della Madonna della Rocca
Santuario della Madonna della Rocca

1. Un cattolico di ritorno

Questo blog non ha grandi pretese: non troverete qui la risposta a domande fondamentali, semmai solo ulteriori domande o spunti di riflessione su cui confortarci tutti assieme – atei, agnostici, credenti. Questo blog nasce piuttosto dal semplice desiderio di condivisione di quella che è la storia della mia riscoperta della fede cattolica. Diciamo che dopo lunghi, lunghissimi anni di completo smarrimento, sono finalmente “tornato a casa”. Ecco perché amo definirmi un “cattolico di ritorno”. Non senza riserve, perché ci sono aspetti della religione cattolica su cui continuo a nutrire perplessità, ma pur sempre cattolico e orgoglioso di esserlo, senza imbarazzo né vergogna alcuna.

Da dove cominciare? Ho compiuto da poco trentun anni, sono nato e cresciuto in Sicilia ma da diversi anni – complici la crisi e la voglia di confrontarmi con realtà diverse dalla mia – vivo stabilmente all’estero. Vengo da una famiglia cattolica e in giovane età non ho mai dubitato della mia fede, anzi. Ricordo, per esempio, di aver vissuto un’esperienza unica – incredibilmente intensa – il giorno della mia prima comunione. Non saprei spiegarla a parole, ma il ricordo di quel giorno è rimasto impresso nella mia memoria per tutto questo tempo. “Suggestione”, proverò a spiegarmi più tardi, durante gli anni da “miscredente”.

La fede ha cominciato a vacillare nel periodo a cavallo tra le scuole medie e il liceo. E purtroppo devo ammettere che l’aver studiato presso scuole cattoliche non mi è stato d’aiuto. Pur essendo profondamente grato alla mia famiglia per l’educazione ricevuta (di assoluto primo livello), il contatto con certi ambienti ha contribuito ad allontanarmi dalla fede. Insopportabile mi risultava l’ipocrisia di quei ministri di Dio che osannavano la povertà pur vivendo nella ricchezza, ma a irritarmi ancor di più era il modo di intendere la fede cristiana di quelle famiglie-bene, che di buono avevano ben poco e educavano i loro figli a giudicare il prossimo e guardare con sospetto, fino a escludere, chiunque la pensasse – o anche solo apparisse, perché in certi ambienti, si sa, l’abito fa il monaco – in modo diverso. E io in quegli anni, come molti adolescenti, avevo una voglia infinita di provocare, andare controcorrente, vestire i panni del ribelle, così ho smesso di andare a messa e ho cominciato invece ad abbracciare vizi e gioie terrene di ogni tipo…

Durante gli anni del liceo e anche più tardi, all’Università, una serie di eventi sfortunati (la malattia di mia madre, per esempio) e delusioni di svariato tipo hanno spento qualsiasi barlume di fede rimasto. Non solo: a forza di flirtare col nichilismo più cupo, col passare degli anni sono diventato sempre più cinico, grigio, incattivito. Fiero di ogni peccato, come la persona più abietta. Cosa che oggi mi spinge ad ammettere senza alcun orgoglio – in passato arrivavo persino a vantarmi delle mie più bieche malefatte – di essere stato una persona pessima. Purtroppo ho fallito come figlio, fratello, amico, compagno e non potrò mai riscattarmi da tutto il male che ho fatto o ottenere il perdono di quanti ho ferito, ma posso provare a cambiare. Posso tornare a condurre una vita onesta, ispirata a quei valori che da bambino mi sono stati insegnati ma che, a un certo punto, per svariate ragioni e anche un po’ per convenienza, ho preferito rinnegare.

Grazie a Dio ho finalmente ritrovato la strada di casa.

E a casa sono stato accolto a braccia aperte, come il figliol prodigo della parabola.

Santuario Madonna delle Grazie di Allumiere
Santuario Madonna delle Grazie di Allumiere